La Bonarda “perfetta”
L’Oltrepò Pavese è una regione profondamente ricca di cultura e tradizioni che affondano le proprie radici in una storia lontana.
Territorio abitato fin dalla preistoria, più tardi dai Galli e dai Liguri prima di essere conquistato dai Romani, è attraversato da quattro valli nelle quali scorrono altrettanti affluenti del Po: lo Staffora, i torrenti Coppa e Scuropasso e il Versa.
È, insieme al Piemonte, alla zona di Bordeaux e all’Oregon, una delle regioni vinicole attraversate dal 45° parallelo Nord (il celebre “parallelo del vino”).
Lo stesso geografo e storico greco Strabone scrisse a proposito di queste terre: “vino buono, popolo ospitale e botti di legno molto grandi”.
Nel corso dei secoli, la vite mantenne il suo ruolo primario diventando un importante volano per la crescita dell’economia delle comunità della regione. E’ sufficiente ricordare che nel 1884 l’Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.
Il progresso commerciale dell’Oltrepò vinicolo ricevette ulteriore impulso dopo il rinnovamento conseguente all’attacco della fillossera e dell’ oidio di fine Ottocento per poi crescere ancor più nel Novecento con la nascita del Consorzio nel 1961 e l’ottenimento della DOC nel 1970.
Si pensi solo alla predilezione di alcuni famosi personaggi come Gianni Brera, Gino Veronelli e Mario Soldati per vini di assoluta tipicità dell’Oltrepò Pavese quali il Barbacarlo, il Buttafuoco ed il Sangue di Giuda.
Parlare del vino dell’Oltrepò Pavese ci costringe però a dover anche affrontare una storia spesso segnata pesantemente da scelte errate e gravi errori che hanno offeso e profondamente sfregiato un territorio invece naturalmente vocato a produrre vini di qualità.

I produttori della Bonarda “perfetta”
Il cammino percorso, infatti, da gran parte dei vignaioli di queste parti ( fortunatamente non da tutti), già diverse decine di anni fa, quando in altri territori italiani si era compreso come ci si dovesse orientare verso una viticultura fatta di saggezza, attenzione e qualità, fu invece orientato, malauguratamente, alla produzione di quantità a costi bassi.
Così, un territorio che non aveva nulla da invidiare a ben più blasonati paesaggi come quello del Chianti o delle Langhe, famoso nel mondo anche per la produzione di grande bollicine Metodo Classico da Pinot Nero, finì per essere asservito ad un mercato, di Milano e zone limitrofe, che chiedeva quantità a poco prezzo, riempiendo damigiane di un vino che, così vituperato, non aveva più nulla da raccontare di quel territorio dal quale proveniva.
La sintesi dell’Oltrepò Pavese era, perciò, basso costo e qualità deprimente.
Una brutta storia!
Se a ciò aggiungiamo diversi scandali, casi di contraffazione ed il fallimento dei consorzi di tutela, si comprende facilmente come i vini provenienti da queste contrade, fino a tempi recentissimi, non fossero considerati meritevoli di alcuna considerazione, eccezion fatta solo per pochissimi produttori.
È fin troppo chiaro che quando si danneggia un territorio in modo così grave e per un così lungo periodo di tempo, meritandosi una fama pessima a larghissimo spettro, rappresenta poi un’impresa a dir poco titanica cercare di riconquistare terreno tentando di “ripulire” un’immagine che negli anni è stata letteralmente devastata.
Ecco perché ciò che vi sto per raccontare acquista ancor più valore e merita un’attenzione particolare.
Tutto inizia con la creazione del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, divenuto operativo nel 2012, nato col fine di unire le forze di viticoltori illuminati, rappresentativi di aziende medio-piccole, in grado di gestire l’intera filiera, dal vigneto all’imbottigliamento.
In sintesi, una rete di imprese agricole impegnate nella produzione di vini di alta qualità e nella valorizzazione di un territorio che operi in sinergia con tutti gli attori del comparto vinicolo e turistico dell’Oltrepò Pavese.
L’obiettivo è chiaro: tentare di cancellare l’idea dell’Oltrepò Pavese come patria del vino sfuso ed a basso prezzo, restituendo così al territorio la dignità che merita, dando vita, nello stesso tempo, ad un movimento di collaborazione e fattiva interazione fra le aziende che le incoraggi ad abbandonare inutili individualismi nella ricerca di una crescita comune frutto della condivisione di idee e conoscenze.
Il mercato globalizzato pretende scelte strategiche, nette, precise, che mirino, in special modo in Italia, alla qualità senza compromessi, che esaltino il legame vino – territorio, che riconducano sempre al vino come fonte e frutto esso stesso di cultura, passione, tradizione.
Ed è proprio questo il cammino che sta percorrendo il Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, puntando proprio alla qualità, salvaguardando l’ambiente, valorizzando l’indotto, favorendo la crescita non solo economica ma, anche e soprattutto in valore, di un intero territorio da troppi anni relegato ai margini.
In particolare, l’attenzione del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese si è da subito focalizzata su due dei numerosi vitigni coltivati in Oltrepò Pavese:
- la Croatina, l’uva autoctona per eccellenza dalla quale nasce la Bonarda, il vino più noto e diffuso del territorio;
- il Pinot Nero, dal quale si ottengono vini di grande qualità come il Metodo Classico e il Pinot Nero vinificato in rosso.
Nel 2015 viene lanciato il Progetto Bonarda dei Produttori: arriva sul mercato la Bonarda “perfetta”, prodotta da 16 aziende agricole a filiera completa.

I produttori della Bonarda “perfetta”
Il disciplinare utilizzato per la produzione della Bonarda dei Produttori, più restrittivo rispetto a quello della DOC, mira a recuperare l’inconfondibile tipicità di questo vino per dare nuovamente lustro ad una delle icone dell’enologia lombarda.
Le regole da rispettare per la produzione di questa nuova Bonarda, che sia immagine reale di un territorio di qualità, sono chiare ed inflessibili.
La Bonarda “perfetta” nasce solo da zone collinari particolarmente vocate per la coltivazione della Croatina e la resa per ettaro non può essere superiore ai 110 quintali.
Il grado alcolico non può essere inferiore ai 12% vol. mentre i solfiti devono rispettare la soglia dei 120 mg/l.
Le aziende che aderiscono al progetto, come detto, gestiscono direttamente l’intera filiera, dalla vigna all’imbottigliamento. Tutte le operazioni quindi sono compiute nella zona di produzione.
Il vitigno utilizzato è esclusivamente la Croatina a differenza di quanto stabilisce invece il disciplinare della Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC che consente l’utilizzo della Croatina per l’85% e di altri vitigni per il restante 15%.
La Bonarda “perfetta” è naturalmente frizzante, cioè la sua ricca spuma dal vivo color porpora è ottenuta esclusivamente dalla rifermentazione in bottiglia senza aggiunta di anidride carbonica.
L’elevato standard richiesto dal regolamento di produzione è certificato da un ente esterno che effettua controlli su campioni di vasca.
La Bonarda “perfetta” viene imbottigliata nella Marasca, una bottiglia dal design unico, immediatamente riconoscibile, ideata appositamente per questo nuovo progetto di qualità e sulla quale spicca, in bella evidenza, il marchio del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese. Il nome “Marasca” riporta appunto ad una varietà di ciliegia i cui profumi sono tipici proprio della Bonarda.
La Bonarda è un vino molto moderno che si presta ad una infinità di abbinamenti.
Di colore rosso rubino con riflessi porpora, violacei, ha un profilo olfattivo che riconduce alla ciliegia, all’amarena, ai frutti di bosco, alla violetta, talvolta a note speziate, di pepe.
Un vino con un tannino presente ma mai aggressivo, con un corretto grado alcolico e con quella anidride carbonica che, per la sua capacità sgrassante, lo rende compagno ideale di piatti classici della tradizione lombarda a base di carne di maiale, di salumi ed insaccati, di carni grigliate, di preparazioni di pesce di una certa complessità e persistenza, di piatti della cucina etnica.
Passa quindi anche per le mani ed il cuore dei produttori della Bonarda “perfetta” il futuro di un territorio quale è l’Oltrepò Pavese ed il rilancio della qualità di un patrimonio ampelografico ed enologico di assoluta unicità che ha tutte le potenzialità per sorprenderci.
Augurandomi che presto altri vignaioli entrino a far parte dell’eccellenza enologica dell’Oltrepò Pavese facendo compagnia al mitico Lino Maga ed al suo Barbacarlo, invito tutti ad aprire ed assaggiare non una bottiglia di Bonarda “perfetta” ma, ognuno con i suoi tempi, tutte le Bonarde “perfette”, perché ognuna di esse, pur parte di un progetto comune, è figlia di mani diverse, di un vignaiolo diverso, di un terreno diverso, di viti diverse.
Tutte, uniche nella loro diversità, queste Bonarde condividono, però, la stessa profonda anima: quella che dimora nell’Oltrepò Pavese e nelle sue genti.
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